martedì 22 dicembre 2009

Il Personaggio: Yasser Arafat

Secondo alcuni nato il 4 agosto 1929 a Gerusalemme, secondo altri il 24 agosto 1929 a Il Cairo, Yasser Arafat è il primo dei sette figli di una famiglia di mercanti. Studia ingegneria civile all'Università de il Cairo, dove aderisce nel 1952 alla Fratellanza Musulmana (un'organizzazione islamica di tipo politico)e all'Unione degli Studenti Palestinesi, della quale diventa presidente dal 1952 al 1956. Proprio nel 1956, allo scoppio della Crisi di Suez, presta servizio nell'esercito egiziano, impegnato a difendere i confini dall'invasione israeliana.


Emigrato in Kuwait sia per lavoro, sia a causa delle pressioni politiche dovute alla sua influenza, continua al sua attività politica in favore della palestina, prima graggruppando nel 1957 un gruppo di guerriglieri palestinesi (i "fedayn"), poi contribuendo a fondare nel 1959 l'organizzazione Al-Fatah, che riesce a raccogliere tra le proprie file centinaia di palestinesi, creando un movimento consistente che subisce la repressione israeliana. Dopo la sconfitta araba nella Guerra dei Sei giorni (1967) Arafat fa convergere Al-Fatah nell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), che diventerà grazie alla sua guida (assunta nel 1969) l'organismo principale per l'indipendenza della Palestina. Alla fine del 1969, Arafat venne accolto a Rabat, al quinto vertice della Lega araba, con gli onori di un capo di stato, ma la spirale di violenza innescata dalle azioni della guerriglia palestinese portò a un grave deterioramento dei rapporti tra OLP e paesi arabi (dai quali partivano i fedayn). Le tensioni raggiunsero il culmine in Giordania (dove i palestinesi avevano organizzato autonomamente la loro comunità, diventando una sorta di “stato nello stato”), sfociando nel 1970 nel violento scontro del “settembre nero”, che si protrasse fino al giugno 1971, che provoco tra i palestinesi migliaia di vittime. Nel 1974 riesce ad isolare le frange più estremiste dell OLP, ed ottiene il riconoscimento come “legittimo rappresentante del popolo palestinese” da parte dei paesi non allineati della Lega araba e addirittura, alla fine dell'anno, dall'ONU. Nel 1975 ottiene una storica vittoria all'ONU: il dibattito dell’Assemblea generale dell’ONU sulla “questione palestinese” si concluse con il riconoscimento del diritto dei palestinesi all’autodeterminazione, all’indipendenza nazionale e alla sovranità. Nel Libano, diventato dopo il “settembre nero” il principale rifugio dei profughi palestinesi e base operativa dell’OLP, nel 1975 scoppiò la guerra civile. I palestinesi, schierati con le fazioni di sinistra e musulmane del paese, furono pesantemente coinvolti nello scontro e nell’agosto 1976 subirono più di 2000 perdite nel massacro perpetrato dalle milizie cristiano-maronite. Nel 1977 in Israele andò al potere, per la prima volta dalla creazione dello stato ebraico, la destra nazionalista, contraria al ritiro dai territori occupati nel 1967 e alla costituzione di uno stato palestinese. Arafat si convinse delle necessità di percorrere la strada della diplomazia e della trattativa, cercando consenso della comunità internazionale. Ma l'offensiva diplomatica fu duramente contrastata da Israele, che approfittando della crisi libanese, lanciarono l'operazione militare "Pace in Galilea", che si concluse con la fuga di Arafat in Tunisia e con il massacro di Sabra e Chatila: 2000 civili, in gran parte donne vecchi e bambini dei campi profughi, uccisi dalle milizie israeliane.
Il 5 novembre 1988 l'OLP proclama la creazione dello Stato della Palestina (nonostante il governo palestinese in esilio) ed il 13 dicembre 1988 Arafat dichiara di accettare la Risoluzione n. 242 promettendo il futuro riconoscimento dello Stato di Israele e la rinuncia al terrorismo. Nel 1993 vengono raggiunti gli Accordi di Oslo che prevedono l'autogoverno per i palestinesi della Cisgiordania e della striscia di Gaza entro cinque anni. L'anno seguente ʿArafāt, insieme a Shimon Peres ed a Yitzhak Rabin, viene insignito del premio Nobel per la pace ed il 20 gennaio 1996 ʿArafāt viene eletto presidente dell'Autorità provvisoria con una maggioranza dell'87% ma nello stesso anno le relazioni tra Autorità Nazionale Palestinese e Israele peggiorano nettamente e il nuovo Primo Ministro Benjamin Netanyahu blocca la transizione alla formazione dello Stato Palestinese: Arafat continuerà i negoziati con il successore di Netanyahu, il labourista Ehud Barak eletto nel 1999. Accusato dalla nuova amministrazione statunitense di George W. Bush di incoraggiare il terrorismo (e dagli israeliani, guidati dal 2000 da Ariel Sharon, di servirsene), Arafat non poté che assistere impotente alla rioccupazione militare dei territori sotto la sua autorità, venendo egli stesso assediato, dal dicembre 2001, nel quartier generale della Muqaata di Ramallah, più volte da allora colpito dall’artiglieria israeliana. Minacciato di espulsione e di morte nella primavera del 2003 fu costretto a cedere parte dei suoi poteri nominando un primo ministro. Nel novembre del 2004 fu colpito da un malore che lo costrinse al trasferimento in un ospedale a Parigi, dove morirà pochi giorni dopo. Arafat fu poi sepolto a Ramallah, compianto da decine di migliaia di palestinesi.

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