lunedì 10 maggio 2010

Perché il razzismo di Casapound è tollerato?


tratto da Liberazione
di Paolo Persichetti
8 maggio 2010

Eran «quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due». E’ finita proprio così, come recita la filastrocca che vinse lo zecchino d’oro nel 1968, il sit-in nazionale del Blocco studentesco, emanazione di CasaPound, che si è tenuto ieri a Roma. Poche centinaia di militanti raggruppati nell’angolo di una piazza troppo grande per loro. In giro nemmeno l’ombra delle migliaia che avrebbero dovuto marciare sulla Capitale come preannunciato alla vigilia. Era dunque infondato l’allarme lanciato nei giorni scorsi dall’Anpi (per altro ritiratasi all’ultimo momento dopo aver acceso la miccia), ripreso da un folto gruppo d’intellettuali e personalità, dalle forze politiche di sinistra e dai Centri sociali che hanno dato vita ad un presidio di protesta, anche questo senza grande partecipazione. La forte opposizione della sinistra romana aveva spinto la questura a vietare inizialmente il corteo chiesto dai «fascisti del terzo millennio». Scelta molto “maliziosa” che ha accresciuto le polemiche e acceso i riflettori sulla vicenda. La sinistra si è divisa, Piero Sansonetti e Massimo Bordin hanno firmato, insieme ad altri, un appello in difesa del diritto di manifestare per chiunque. CasaPound non ne aveva gran bisogno perché ha incassato l’appoggio di 32 parlamentari del Pdl e di due consiglieri capitolini del centrodestra, Ugo Cassone e Luca Gramazio. Ricevuti dal comprensivo sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano hanno ottenuto la possibilità di una manifestazione stanziale, conclusasi prima del previsto. Tuttavia l’accorta messa in scena disposta in piazza, l’assenza di vessilli e cimeli del fascismo storico, le bocche chiuse e la comunicazione affidata solo ai portaparola ufficiali, lo sfoggio di retorica giovanilista e vitalista con un target studentesco ben preciso, l’estetismo autocontemplativo, il «siamo belli come il sole», «17 anni tutta la vita», «giovinezza al potere» che rinviano ad una sorta di impoliticità ormonale, di onanismo ideologico, di acne militante, le canzoni di Rino Gaetano e Vasco Rossi, non cancellano la lunga lista di aggressioni, spedizioni punitive, iniziative contro i disabili, xenofobia, brindisi alla Shoa. Contrariamente a quanto accadeva alla destra radicale non stragista degli anni 70, questa formazione non vive ai margini del sistema ma è la micropropagine ultima del blocco politico-sociale attualmente al governo. Il 20 marzo aveva suoi uomini tra i ranghi del servizio d’ordine della manifestazione che il Pdl ha tenuto a piazza san Giovanni. Dietro l’aria scapigliata e le imitazioni futuriste, tra un pestaggio e l’altro, si intravede la voglia di poltrone negli assessorati e le municipalizzate. In attesa appalta per conto del Pdl, dietro copertura politica e sostegno materiale, il tentativo di penetrazione nel sociale e nelle scuole. A questo punto almeno una domanda è d’obbligo: l’ala del Pdl che fa capo a Fini trova inaccettabile solo il razzismo propugnato dalla Lega e nulla ha da dire su quello di CasaPound? Permangono un’ambiguità di fondo e dei legami sotterranei

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