martedì 22 dicembre 2009

Ordine Mondiale ed Eguaglianza

La crisi finanziaria e l’aumento delle disuguaglianze tra i paesi del terzo e quarto mondo e l’Occidente ci dovrebbero dare il segnale che forse l’assetto politico–economico del mondo deve essere modificato alla radice. Contrariamente a quanto si possa pensare, siamo ben lontani dall’avere un sistema di organi internazionali effettivamente rappresentativi e che rispettino criteri veramente democratici, nel senso pieno del termine, nel regolare il panorama politico–economico internazionale.


Un esempio di come il sistema di governance mondiale non funzioni è lo stesso WTO, una chiara dimostrazione di come sia facile far nascere organi internazionali autolegittimati, in questo caso voluto dagli USA, per regolare il commercio globale. Ma c’è di più, si potrebbe mettere in discussione la stessa presunta “uguaglianza” tra stati all’interno di questi organi: è infatti risaputo come, ad esempio, nell’FMI i paesi occidentali abbiano maggior peso, grazie a un sistema di voto per niente democratico, assolutamente diseguale e che tende al monopolio USA; ma andando ancora più a fondo, seguendo un ragionamento più complesso, sotto una scorsa palesemente antidemocratica possono sorgere ancora più dubbi su questa presunta “parità” di trattamento, ma per far questo dobbiamo fare delle considerazioni preliminari. A proposito, appunto, del concetto di uguaglianza ritengo sia illuminante ed esplicativo l’art. 3 della Costituzione Italiana, dal quale si ricava un concetto amplio e con molte sfumature: non basta l’uguaglianza formale dell’uomo di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, razza ecc, ma è altrettanto fondamentale l’uguaglianza sostanziale dei cittadini, i quali devono avere uguali presupposti per godere dei diritti, anche grazie
all’intervento del cosiddetto welfare state. È la base dei diritti sociali e del superamento dello stato liberale del “lasser faire”, vuol dire essere andati più avanti delle rivoluzioni borghesi. Più in generale, secondo questo tipo di concezione, l’uguaglianza consisterebbe nel trattare in modo uguale situazioni ragionevolmente uguali e in modo diverso quelle ragionevolmente diverse. Tuttavia questo principio, garantito in una costituzione moderna come quella italiana, per quanto possa apparire banale anche se tutt’altro che di facile applicazione, non sembra essere recepito nella gestione del governo del mondo.
Non viene seguito quando, in materia di transazioni commerciali, i paesi più poveri sono obbligati a seguire le pure leggi di concorrenza, ad esempio, nel vendere le materie prime che essi producono al puro prezzo di mercato, senza alcun trattamento di favore (e solitamente i prezzi di queste materie tendono stabilmente a essere fissi o al ribasso) e comprano invece manufatti industriali dall’Occidente, come i trattori, che contengono nel prezzo l’aumento dell’inflazione dei paesi che li producono, che renderà il bene sempre più costoso. Non viene seguito nemmeno quando ai paesi del terzo e quarto mondo viene dato il voto uguale a quello di qualsiasi altro paese occidentalizzato (ma, come si è visto precedentemente, in alcuni organi anche un voto minore), quando si prendono decisioni che li riguardano più da vicino (materie prime, liberalizzazioni di settori statali, imposizione di standard qualitativi) e che hanno enormi ripercussioni nelle politiche economiche e sociali di questi paesi, nella loro stessa capacità di svilupparsi.
Interpretando in maniera estensiva tale concetto di uguaglianza, le stesse decisioni del WTO che hanno impedito qualsiasi tipo di diversificazione dei prodotti per ragioni “non strettamente economiche” appaiono anch’esse contrastanti con questo principio. Pare proprio che, a livello internazionale, i metodi dello stato liberale e del capitalismo di vecchio stampo rimangano ancora immodificati, inattaccati dall’informazione, con il beneplacito degli USA. Solo alcune oasi di coerenza con quanto detto, quali ad esempio le associazioni non governative, cercano di presentare un’alternativa; l’ONU dal canto suo non si dimostra efficace, in quanto caratterizzato da capacità coercitive che risultano del tutto inefficaci e il cui funzionamento interno altrettanto manca di democraticità.
Gli stati civilizzati, che si ritengono almeno “sociali”, senza azzardare il “socialisti”, dovrebbero ritrovare una certa coerenza e rimettere mano a questa specie di stato mondiale liberale fondato su principi ottocenteschi, abolire organi autoleggittimati come il WTO (ex GATT), restituendo il carattere non meramente economico di questi enti, dando rilevanza all’aspetto sociale e riprendendo il progetto precedente al GATT e a Bretton Woods, per cui tale competenze spetterebbero a rami specializzati dell’ONU, seppure con le dovute modifiche, per i motivi precedentemente citati. Dovrebbero superare, una volta per tutte, questo vergognosoparadosso per cui, all’interno di molte nazioni, sono garantiti e seguiti principi come appunto l’eguaglianza sostanziale, mentre all’esterno si fanno araldi della fredda concorrenza perfetta, del puro liberismo economico esociale che molti “signori” giustificano come necessario per la crescita economica mondiale, ma che non riesco a non considerare ipocrisia istituzionalizzata.

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