mercoledì 31 marzo 2010

Elezioni Regionali, il nostro punto di vista


All'indomani delle elezioni regionali, il panorama che si profila dinnanzi a noi non appare dei migliori. Nonostante la Toscana primeggi sui i giornali come la regione più "rossa" d'Italia, ci sono comunque segnali allarmanti.
Il primo dato che balza subito agli occhi è il forte astensionismo: oltre un toscano su tre non è andato a votare (38,7%), caso unico nella storia per una regione come la nostra dove il senso civico di partecipazione alla vita democratica è sempre stato elevato. Dobbiamo chiederci, perché?
In un periodo come questo, dove la crisi economica si sta riversando anche sul nostro territorio, con il drastico aumento dei cassaintegrati e disoccupati, i partiti di sinistra non sono più in grado di fiancheggiarli in queste lotte. Purtroppo la sinistra non ottiene più le maggioranze bulgare dei tempi del PCI: nonostante la perdita del radicamento sociale, i dirigenti dei vari partiti hanno la presunzione che questa rendita di consenso durerà in eterno. Emergono soltanto le forze che cavalcano, in maniera opportunistica, le lamentele della gente. Di Pietro e Grillo vivono grazie a Berlusconi, e sono stati capaci di concepire in maniera populista l'antiberlusconismo come bacino elettorale da dove attingere voti, quando la loro politica del "fare la voce grossa" non propone alternative di riscatto.
Secondo noi il Partito Democratico deve rendersi conto che non servono accordi centristi per andare al governo, ma serve tornare ai vecchi valori della sinistra italiana, dei quali c'è bisogno ora più che mai. Seguire il modello americano non ha portato da nessuna parte. Anzi, il calderone Ds-Margherita, con l'innegabile spostamento centrista, è stato concepito dai lavoratori più come un abbandono ed un tradimento che come una reale alternativa progressista per il paese.
Paradossale ci risulta inoltre che la Federazione della Sinistra, Sinistra Ecologia e Libertà e il Partito Comunista dei Lavoratori facciano la figura dei capponi di Renzo, per utilizzare una metafora di manzoniana memoria: pur sostenendo idee sostanzialmente affini sono troppo impegnati a rubarsi voti a vicenda, ignorando di essere stati cancellati dalle principali istituzioni.

Il Pdl, seppur si dichiara vincitore, ha avuto una drastica caduta nelle regioni del nord est, subendo, nel caso del Veneto, il sorpasso della Lega Nord. Le distanze di sono fortemente ridotte, e Berlusconi non ha più l'egemonia nel centrodestra. Da ora sarà costretto a subire il fuoco incrociato sia di Fini sia di Bossi, che subito si è autoproclamato arbitro della maggioranza di governo. La Lega è l'unica vera vincitrice delle elezioni, sostenuta oggi dai piccoli imprenditori e dagli operai, proprio le principali vittime della crisi economica. Riesce addirittura ad avanzare nelle tradizionali roccaforti "rosse" come l'Emilia Romagna (13,6%) e la Toscana (6,5%). Proprio quella Lega che si affaccia in Toscana con iniziative di stampo neonazista, come è successo ad Arezzo dove i militanti squadristi del Carroccio hanno distribuito disinfettante per igienizzarsi dopo un eventuale contatto con immigrati. Se poi aggiungiamo anche lo 0,56% preso in Toscana dalle camicie nere di Forza Nuova (partito che si ispira palesemente al ventennio mussoliniano, che soltanto pochi anni fa non ebbe neanche il coraggio di presentarsi), il quadro si chiude in tutta la sua drammaticità.

Dinanzi a questo panorama spettrale, noi del Collettivo Politico Formiche Rosse riteniamo che la soluzione sia una sola: la sinistra deve tornare a fare la sinistra. Basta con questa politica disfattista ed apatica. Clientelismo, interessi personali e frazionismo non fanno parte della nostra dialettica. Dobbiamo tornare nelle piazze, nelle scuole e nei luoghi di lavoro, non solo a parole ma con fatti concreti. Tornare a indignarsi di fronte alle problematiche sociali, trasformando la rassegnazione in rabbia e le parole in lotta.
Chi anche questa volta non si è astenuto non vuole vedere il teatrino che ormai vediamo da anni.

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