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65 anni fa le forze alleate assieme a quelle della Resistenza riuscirono a liberale il nostro paese dall’invasione nazista e a sconfiggere gli uomini della Repubblica di Salò, ultimo baluardo del regime fascista. Dopo decenni di soggezione ad un regime che aveva portato l’Italia alla disfatta, che aveva negato le più elementari libertà, che si era macchiato di crimini atroci in patria e nelle nuove colonie, la quale follia ideologica aveva portato alle leggi razziali; finalmente si era sulla via del cambiamento, una via che avrebbe portato alla nascita di una Costituzione tra le più avanzate nel mondo, la quale introdusse finalmente in Italia la democrazia e restituì agli italiani la loro libertà.
Ora più che mai è necessario rimarcare questo periodo storico, trasmettere la storia e i valori della Resistenza, difendere la Costituzione Repubblicana in generale ma anche come massima espressione dell’Italia antifascista dell’immediato dopo guerra. Oggi come allora c’è bisogno di resistere: dobbiamo opporci allo strisciante revisionismo storico che recentemente, in maniera quasi paradossale, viene anche da uomini che si definiscono di sinistra; dobbiamo resistere alla fascistizzazione dello Stato che si manifesta dall’attacco alla scuola pubblica al progressivo annientamento del diritto di sciopero, dalla demonizzazione della magistratura al voler metter le mani sulla Costituzione; dobbiamo resistere al moderatismo estremo e di comodo, che può portare, nella sua massima manifestazione, ad equiparare i partigiani ai repubblichini; dobbiamo resistere ai rigurgiti di squadrismo e di razzismo portati avanti dalle forze di destra estrema e non, perché non c’è cosa più fascista che prendersela con qualcuno non soltanto perché la pensa in modo diverso, ma unicamente perché “è” diverso. Dobbiamo infine resistere al menefreghismo e all’indifferenza perchè è questa che uccide la voglia di impegnarsi e di cambiare le cose. In questo numero dello Scomodo invece di inserire articoli scritti da noi, abbiamo preferito intervistare due partigiani che oggi vivono a Empoli, due storie per avere un quadro di come era vivere in quegl’anni e cosa voleva dire combattere per essere libero.
Il primo è Gianfranco Carboncini nato ad Empoli nel 1929, all’età di 16 anni partì (mentendo sulla propria età) con più di 400 ragazzi nei “volontari per la libertà”, corpo dell’esercito nato negli ultimi anni della guerra per liberare le zone ancora rimaste sotto il controllo dei nazifascisti. Oggi è presidente della sezione ANPI di Empoli.
Il secondo partigiano è William Lucchesi nato nel 1926 a Lugo in Emilia Romagna. Tito, questo era il suo nome di battaglia, era un componente dei GAP, gruppi di azione patriottica, cioè coloro che eseguivano le sentenze dei comitati di liberazione nei confronti degli uomini del regime, e che compivano azioni di vera e propria guerriglia.
Noi anche se siamo ormai nipoti di chi ha combattuto, di chi ha vissuto sulla propria pelle il ventennio fascista, di chi ha dato la vita per il cambiamento, non possiamo limitarci a ricordare questo 25 aprile solo come una mera ricorrenza, come una festività qualsiasi, come un giorno di vacanza come gli altri. Questo giorno rappresenta e vuol dire molto di più.
Speriamo che queste due testimonianze possano trasmettere quanto detto in precedenza, ed invitare il lettore almeno ad una riflessione sul significato di questo giorno di festa.
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