martedì 27 settembre 2011

L'emergenza annunciata


Alla fine ci sono riusciti. Con le rivolte del Nordafrica e con lo scoppio della guerra in Libia, l’aumento degli sbarchi di immigrati e profughi nell’isola siciliana di Lampedusa è servito al governo italiano per non gestire una situazione che si è trasformata, inesorabilmente, in una emergenza. Le presenze di immigrati a Lampedusa hanno superato le 12.000 unità. Davvero una quantità considerevole se si pensa che i lampedusani residenti sono, abitualmente, cinquemila. Eppure, dodicimila persone non sarebbero di per sé un problema. Il vero problema è un altro, e cioè le condizioni inumane nelle quali il governo ha abbandonato al loro destino gli immigrati e, insieme a loro, la popolazione autoctona. Per giorni e giorni il governo ha indugiato nel predisporre un piano sostenibile per un’accoglienza decente e per la progressiva evacuazione dell’isola, e così (a fronte di una oggettiva intensificazione degli sbarchi) non si è provveduto a un contestuale decongestionamento di Lampedusa. Una volontà politica criminale che discende direttamente dalla generale impostazione repressiva delle leggi in materia di immigrazione in Italia. L’emergenza-Lampedusa rappresenta un quadro, grottesco e realistico nello stesso tempo, della pericolosità sociale di chi sta governando il paese. A Lampedusa gli immigrati sono stati dapprima stipati nel Centro di prima accoglienza, pieno fino all’inverosimile (1.500 persone), altri 450 nella ex base Loran, 420 nelle strutture ecclesiastiche, e ben 4.000 nella stazione marittima, nell’area del porto e sulla “collina della vergogna” dove essi stessi hanno improvvisato un accampamento. Inevitabili le proteste dei migranti, e altrettanto inevitabile la reazione rabbiosa dei lampedusani: dapprima i blocchi del porto con la volontà di non fare attraccare più alcun barcone, e poi l’occupazione dell’aula consiliare del Comune in segno di protesta. A fare da sfondo a tutto questo, il radicato sentimento di frustrazione della popolazione isolana, di fatto costretta a subire le scelte dissennate del governo centrale. Il conflitto si sta consumando anche a livello istituzionale, con la Regione siciliana (presieduta dal governatore Lombardo) che ha denunciato le mancate promesse da parte del Ministro dell’Interno Maroni in direzione di una distribuzione degli immigrati su tutto il territorio nazionale. D’altra parte, quel galantuomo di Umberto Bossi ha sbrigativamente liquidato l’ argomento auspicando che gli immigrati se ne vadano «fuori dalle palle» il prima possibile. Infatti, dopo che l’emergenza è stata creata ad arte, il governo ha giocato un’altra, incredibile, carta: le tendopoli. Tredici siti di proprietà demaniale (per lo più di origine militare) sono stati individuati in tutta Italia per allestire accampamenti destinati alla “sistemazione” dei migranti. T ra le tendopoli in fase di allestimento, quella di Manduria (in provincia di Taranto), di Caltanissetta (vicino al Centro di identificazione ed espulsione) e di Kinisia, vicino Trapani. In quest’ultimo caso, si tratta dell’area dell’ex aeroporto militare, a pochissima distanza dall’attuale base militare di Birgi (da dove partono i Tornado italiani che fanno la guerra in Libia). L’ex aeroporto di Kinisia si trova in aperta campagna, è un edificio diroccato e abbandonato, e la tendopoli è stata montata sulla pista, in un vasta area già soggetta a deposito abusivo di amianto e rifiuti proibiti. Anche qui, la popolazione locale ha dato segni di pericolosa insofferenza manife- stando contro la realizzazione dell’accampamento. I trapanesi che vivono nella tranquilla periferia rurale della città non vogliono gli immigrati “per non fare la fine di Lampedusa”, “perché abbiamo paura”, “perché temiamo per i nostri bambini”. Reazioni scomposte e irrazionali che si aggiungono alla rabbia per il danno economico derivato dalla forzata (prima totale poi parziale) chiusura dell’aeroporto civile a seguito dell’inizio delle operazioni di guerra. Dall’altra parte dell’isola, c’è il “ Villaggio della solidarietà” (ex residenza dei militari Usa di Sigonella) a Mineo, in provincia di Catania. Anche in questo caso, l’approssimazione si è accompagnata a un innalzamento ingiustificato della tensione e dell’ingestibilità. A Lampedusa si è presentato Berlusconi in persona, per un comizio in grande stile, annunciando l’arrivo di sei navi per l’immediata evacuazione dell’isola. Ma è davvero concreta la sensazione che, in tutta questa vicenda, gli immigrati siano trattati come pacchi postali da rimuovere, deportare e internare senza alcun criterio di umanità. All’origine di questo scempio ci sono molti fattori. Le leggi razziste, innanzitutto, che rendono materialmente impossibile la vita degli immigrati marchiati come “irregolari”. Se ci si potesse spostare liberamente, la maggior parte di questi problemi non ci sarebbero. Le persone non sarebbero considerate “extracomunitarie”, né si creerebbero pretestuose distinzioni tra “clandestini”, “profughi” e “richiedenti asilo” con tutta la burocrazia assassina che ne deriva. E poi c’è la situazione internazionale. Non è possibile pretendere che le persone non cerchino di fuggire dalle situazioni di pericolo o di precarietà. Le rivolte nel Maghreb e l’instabilità sociale e politica in Tunisia ed Egitto sono tutti motivi più che comprensibili per emigrare. Infine, non bisogna dimenticare che siamo in guerra. I paesi occidentali hanno scatenato l’intervento militare in Libia, l’Italia si è accodata volentieri in questa impresa scellerata, e adesso si pretende di non avere a che fare con le sue conseguenze disastrose.Il 24 maggio a Firenze,è avvenuta l'ennesima repressione,sono stati sgomberati da parte della polizia municipale i richiedenti asilo e i rifugiati politici che stavano manifestando,in modo pacifico in piazza Beslam,per denunciare le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere,pur essendo,molti di loro in possesso dei documenti di asilo politico,perciò,secondo la Convezione di Ginevra ,nel pieno diritto di stare in Italia.Con l'approvazione del sindaco Renzi,la polizia municipale ha sequestrato documenti striscioni,tende (cioè tutto ciò che avevano)dimostrando quanto spesso in questo paese vengano calpestati i diritti degli umani. Tutto ciò denota un atteggiamento razzista e intollerante,ma anche la mancanza di capacità di gestire una situazione così delicata come quella dei profughi. Tutto ciò dimostra che non viviamo in una società tollerante e dove il rispetto reciproco non è più un valore. Siamo convinti che i migranti e i rifugiati politici siano vittime dello stesso perverso sistema che abbrutisce e sottrae diritti e speranze al futuro dei cittadini e delle cittadine italiani, per questo invitiamo tutta la società civile ad esprimere la propria indignazione per quanto è accaduto, e a ribadire che nella società che vogliamo non c'è posto per atti di intolleranza xenofoba e politiche che calpestano i diritti fondamentali di uomini e donne, qualunque sia la loro nazionalità e il loro status giuridico .Ai compagni spetta un compito epocale, quello di fare fronte a questa deriva infame. In questa fase la lotta antirazzista non può prescindere da un rilancio dell’attività antimilitarista. In entrambi i casi occorre lavorare nel corpo sociale per arginare gli effetti nefasti del terrorismo mediatico con cui il governo dipinge gli immigrati come pericolosi invasori, descrive l’intervento in Libia come un provvedimento umanitario, impaurisce e distrae l’opinione pubblica costruendo a tavolino le situazioni emergenziali per poi giustificare strette repressive e discriminatorie assolutamente devastanti.


Impastato

Nessun commento:

Posta un commento