giovedì 24 novembre 2011

Qualche riflessione sul tema pensioni


Personalmente temo che questa epoca passerà alla storia come la fase del capitalismo "dogmatico". Nei vari media, nelle conversazioni al bar, nei talk show televisivi, nei vari "manifesti del pescecane" (si veda ad es. http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2011-09-30/cinque-punti-manifesto-litalia-153854.shtml?uuid=Aau5ms8D ), si và avanti a colpi di affermazioni indimostrabili ma indiscutibili....Alcune di queste trovano un qualche senso solo in relazione agli interessi dei soliti noti....Altre, non hanno realmente "nè capo nè coda"...Tra queste si può citare quella secondo cui vi sia il bisogno di alzare progressivamente l'età pensionabile, al crescere della cosiddetta "'aspettativa di vita". Facciamo qui astrazione dal dato di fatto empirico che è masochistico progettarlo in un momento come questo di elevata disoccupazione giovanile....Immaginiamo che la proposta venga avanzata "in tempi migliori"....Su cosa si basa? Sul nulla...Nell'ipotesi più favorevole a questa tesi, (accettandone per un momento i vari postulati che saranno discussi più avanti) le pensioni si baserebbero su quanto prodotto -e messo da parte - negli anni "attivi". Ora, la produttività del lavoro nell'unità di tempo non è costante, ma cresce costantemente con il passare delle decadi (dato il continuo rinnovamento dei mezzi e delle metodologie -certo in direzione di una maggiore produttività). Se la produttività del lavoro non avesse un diretto rapporto con la sua redditività nessuno si preoccuperebbe di aumentarla. Quindi il soggetto "x" ha sempre bisogno di meno tempo per produrre la stessa "quantità di reddito". Mantenendo invariato il numero di anni lavorativi, la quota prodotta cresce -e quindi, nell'ipotesi in esame, crescono "le scorte per il futuro". La "cresciuta necessità di scorte" verrebbe così bilanciata dalla maggiore consistenza di queste...Questa costatazione abbastanza banale è mascherata nella coscienza dei più dal fatto che all'operaio arriva in tasca solo una frazione di quanto prodotto -frazione variabile nel tempo....Ma i fatti rimangono... Mi si risponderà che le pensioni non necessariamente si basano su "quanto prodotto negli anni" ma possono basarsi (e in effetti si basano) anche su altri fattori. Ho premesso che la prima è l'ipotesi più favorevole alla tesi della necessità dell'innalzamento dell'età pensionabile. Se non è necessario basarsi su "quanto prodotto negli anni" ci si può anche basare su sostegni ben più solidi -ad esempio sulla quantità di quanto prodotto che non è andata a depositarsi progressivamente nelle tasche del produttore ma bensì in quelle del padrone etc..E comunque viene così a cadere ogni relazione tra anni lavorati e anni di pensione. Bisognerà anche ricordare che quello che non cresce affatto -oppure che cresce di poco e su tempi secolari - è il tempo in anni di vita massima. Centoventi anni venivano stimati dai romani (ed esempi di centoventenari sono rintracciabili tra gli indios amazzonici e simili vedi ad es. http://www.bbc.co.uk/news/world-latin-america-14730434 ) e centoventi- centoventicinque sono adesso. Quindi se il sistema ha funzionato per il nonno che è morto a -mettiamo ottantacinque anni di vecchiaia e trentacinque di pensione ....perchè non dovrebbe funzionare per il nipote che difficilmente supererà la novantina? L'innalzamento dell'età pensionabile in base all'aspettativa di vita non è che una balla colossale, una scusa come un altra inventata dai padroni e dai governanti per distogliere l'attenzione dal vero problema: il precariato e la crisi capitalista.In un sistema pensionistico che si è basato nell'ultimo secolo e continua ancora ( nonostante l'apertura ai fondi privati) a basarsi sul sistema dei vasi comunicanti, dove le generazioni attuali pagano con i loro lavoro le pensioni ( e anche i debiti) delle precedenti, è ovvio che se manca il lavoro ai giovani salta tutto. Ed il lavoro, quello vero con i contributi pagati, manca da 15 anni grazie ai vari governi Dini, Treu, D'alema, Prodi. Nel pieno della più grande crisi capitalista di sempre, con con l'economia in recessione, il lavoro ( anche quello precario o flessibile) è sparito del tutto. In questa fase, cose come le pensioni sono soltanto un "lusso" che le classi dominanti non possono e non vogliono pagarci. Ma c'è di più. L'idea assurda del "bisogno di alzare progressivamente l'età pensionabile, al crescere della cosiddetta "'aspettativa di vita" si basa anche - nei fatti empirici- sul postulato assurdo, ma implicito, che col crescere della vita media aumentino anche gli anni in cui un soggetto "x" gode della forza e della resistenza fisica di un ventenne...L'idea di aver raggiunto l'eterna giovinezza è quanto di più stupido il capitalismo ci offra. Ora molti miei lettori e molte care lettrici salteranno in piedi e dirranno: "Ma io, che ho poniamo sessant'anni, sto molto meglio di mio nonno e/o di mio padre che a sessant'anni era in carrozzina, etc". Falso mito, eppure diffusissimo: se tu stai meglio di come stavano i tuoi avi alla tua età (e non sempre succede), non dipende dall'allungarsi della vita media ( e neppure, sia detto per inciso, dalle fanfaronate dei medici). Dipende dal fatto che tu non hai (forse!) lavorato quarant'anni in miniera col piccone, come tuo nonno, oppure che non hai zappato la terra per quarant'anni come tuo padre, etc. Hai lavorato di meno, conseguenza logica (ma non necessariamente valida nella totalità dei casi) ora stai "un capellino" meglio. Ma già ora, l'età pensionabile è insostenibilmente alta, e così concorderanno tutti coloro che si prenderanno la briga di lavorare come manovale/muratore/facchino/edile a cinquanta (o magari - a sessanta) anni. Perchè allora, si porranno due casi: o simili lavori li hai sempre fatti - e allora sei così pieno di tendiniti/ernia del disco/etc. da essere pronto per "l'ospedalizzazione" a tempo indefinito, oppure non ci sarà verso che tu abbia la forza e/o la resistenza fisica necessarie, e dato che per molti quelli -e non altri- sono gli unici lavori disponibili, ne segue la fame e la miseria....Uno degli spettacoli più atroci tra quelli che comunemente si vedono in giro è quello delle migliaia di persone -in quella fascia d'età- costrette dalla ferocia dei pescecani, - non mi si parli di libera scelta quando l'alternativa è la fame! - a sobbarcarsi simili patimenti...A vent'anni è atroce. Ma, compiuti i quaranta non è soltanto atroce; è anche illogico. Vogliamo che questa assurdità passi ogni confine fino ad ora raggiunto?

Gianluca Angeli


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